Unu contu divescju pro sa vizilia de s’attoppada cun su Pescara.
Si, una vigilia speciale, quella con il Pescara, anche e soprattutto nei ricordi e nella nostalgia. Stavolta dedichiamo, questa piccola rubrica storica, al secondo degli Olbiesi che ha indossato nel passato la maglia degli Abruzzesi.
Piero Giagnoni arriva a Pescara nell’estate del 1970, dopo l’indimenticabile triennio a Trapani, vissuto con la fascia da Capitano. Tra i biancazzurri gioca a fianco all’amico e conterraneo Michele Moro, di sei anni più giovane di lui, anch’egli in prestito dal Cagliari. Il suo score finale con gli abruzzesi è di 31 gare, senza gol, ma con un carisma ed un personalità che lo rendono regista e guida non solo del centrocampo, ma dello stesso spogliatoio. Perché Piero, e la sua indiscutibile personalità, lo portano in ogni stagione a vedersi riconosciuta la fascia di capitano. Quella fascia e quel giovanotto, che a Pescara chiamavano “capi te sugu” ovvero “ conca e bagna”, per la chioma rossa e riccia, che dà del Tu al pallone ed è sempre tatticamente impeccabile, nasce e cresce alla fine degli cinquanta negli sterrati di tutti i campetti di Olbia (Boario, Fausto Noce, Ferrovia) ed al Comunale del ponte di ferro.
Il 2 aprile del 1960 era domenica, Piero Giagnoni aveva 18 anni 1 mese e 15 giorni, e si trovava a Roma per fare il suo primo incontro ufficiale in un campionato nazionale di calcio. Si giocava contro l’A.BE.TE. una delle tante squadre dei quartieri romani.
Alla sua prima ai 18 anni, la sorte e la bravura, lo condussero verso l’area avversaria per battere a rete, superando il portiere Piacentini, esattamente al 18’ uno di quei palloni pesantissimi che davvero “sfondavano” gambe e reti.
Quella partita finì 3-0 per noi, con l’aggiunta di una doppietta del gigante buono “Ugo” Misani. In quella stagione vidi tutte le partite in casa, ma non vidi mai giocare Piero, come avrei desiderato.
Come usava spesso ad Olbia, i giovani venivano svezzati fuori casa per farsi le ossa e temprare il carattere, e Piero anche le altre due gare di quella stagione le giocò fuori, entrambe perse, a Carbonia (4-0) e l’ultima di campionato con Ternana per 1-0.
La sua avventura con Olbia riprese nella stagione successiva, stavolta 5 gare e, sfortunatamente, 5 sconfitte tra cui 2 in casa, in una stagione di un’Olbia abbastanza incolore.
Delle due apparizioni in casa, ricordo solo quella contro il Calangianus, anticipata al sabato, più per la folla accorsa, il grande tifo sui gradoni dell’unica tribuna stracolma e sul “parterre” dietro la rete di recinzione del rettangolo del Nespoli, ma quel ragazzo dai capelli rossi, mi rimase impresso per la falcata ed il suo inconfondibile stile.
Prima di conoscere il calcio professionistico da protagonista, Piero svernò al Cagliari, assieme a Marongiu (suo germano di Maglia e di Vita), ma nel Cagliari controverso di quei primi anni sessanta di Arturo Silvestri, condottiero del primo storico salto triplo C-B-A, molto poco propenso a lanciare giovani leve, specie se di “nazionalità” sarda, non non esordì mai. Insomma, in quel Cagliari non ci fu spazio per i nostri giovani virgulti olbiesi, con la sola eccezione di Renato Caocci che, con i rossoblu, in serie C nel 1961-62, la stagione della promozione in serie B, di partite ne giocò 15, da importante protagonista.
Dal 1965 iniziano per Piero, le peregrinazioni sui campi di mezza Italia, nelle magnifiche domeniche di quella C che rappresentava davvero, il cuore pulsante della immensa ed irripetibile Provincia Italiana.
All’epoca c’era poco da sorridere, il tesseramento ad una squadra significava anche il peregrinare con la formula del prestito da una sponda all’altra dello Stivale.
Piero comincia con l’Empoli, poi Cosenza, Trapani, Lecce e così via, sempre in prestito e per un quinquennio, il “tagliando” di preparazione precampionato sempre col Cagliari.
Accade così che nell’estate 1967, Piero Giagnoni assieme a Franco Marongiu, dopo la loro comune stagione col Cosenza, e Michele Moro, prima del “prestito” al Catanzaro, partono per l’America con le “seconde linee” del Cagliari, per un torneo di promozione del Soccer americano.
Le partite le giocano con la maglia del nascente Chicago Mustang. Di quella partita conserviamo la foto di squadra che affrontò il 4 giugno i D.C. United di Washington che, di fatto, non era altro che la squadra scozzese dell’Aberdeen.
Da quella formazione abbiamo “estrapolato” un quartetto di “marca Biancolbiese” con Giagnoni, Moro, e in basso, a sinistra di Marongiu, anche Mario Tiddia, il grande difensore di fascia che, in coppia con Tonino Conte, fu pilastro della difesa bianca, in serie D, nella stagione 1957-58.
Internet ci ha anche permesso di recuperare un altro bellissimo fotogramma, di quella indimenticabile campagna targata U.S.A., si tratta di una immagine “sgualcita” dal tempo e dalla bassa risoluzione del giornale, che ritrae il giovane capitano di quel Cagliari, mentre “contende” un pallone con un colpo di testa a Bill Blentey, storico difensore inglese degli Stoke City. Attorno, a questo piccolo gioiellino storico, abbiamo inserito alcune altre immagini di Piero con la fascia del Capitano, del Trapani, Lecce, Catania… Olbia.
A fine aprile di 5 anni fa, il grandissimo talento di quell’Olbia “orgogliosamente diciosa e gloriosa”, ha lasciato il terreno di gioco della Vita.
Ci manca, ci mancherà SEMPRE, soprattutto l’Uomo, di una forza d’animo e bontà infinita, l’allenatore e dirigente delle resurrezioni (quella degli anni ’80 e quella del 2010), ma a chiunque abbia avuto in sorte di conoscerlo mancherà l’Amico, l’immancabile compagno di tanta passione Bianca, sui gradoni del Nespoli.
Quei gradoni in tribuna centrale, non sono più spogli e freddi, coperti da sedili di plastica un po’ più comodi, ma sabato pomeriggio Piero non mancherà ad un incontro talmente suggestivo, carico di ricordi e di Pathos, tra la SUA Olbia ed i SUOI Amici Biancazzurri.
Nel suo nome e nel suo ricordo, do per scontato che sarà una bella partita, tra due squadre che amano giocare al calcio, con il Pescara sulla carta favorito e l’Olbia redenta di Modena.
Un altro amico, un poeta della mia gioventù scrisse una “poesia-canzone” intitolata “La Guerra di Piero”, un inno struggente quanto doloroso sulle tragedie della guerra…
In questi tempi così martoriati dalle bombe e dalla distruzione di chi ripudia la Pace, Dio solo sa quanto siano attuali quella “invocazione e quella meravigliosa preghiera laica” di Fabrizio e quanto l’Unica “guerra di Piero” cui vorremmo assistere sia quella dentro un campo di gioco, tra giovani avversari che della gioia, del gioco e della contesa sportiva, fanno una ragione di vita.
Sì, una contesa dedicata a Piero, al suo ricordo ed al desiderio di non interrompere il sogno che, sin dall’inizio di questa lunga stagione durata 6 anni, avevamo condiviso con lui… l’arcobaleno dei Playoff.
Ciao Piero, un abbraccio forte, forte a Te ed il nostro consueto “in culo alla Balena” ai nostri Ragazzi.
Wiwa OLBIA,
Tore Zappadu