“Per la verità, da Cagliari pensavo di rientrare ad Olbia, negli anni di Putzu; me lo avevano detto, poi non so perché non se ne fece niente e finii a Monterotondo, vincemmo il campionato Berretti e come allenatore incontrai Attilio Gregori che mi fece anche esordire in prima squadra e mi voleva portare con sé.”
Finì invece a Messina nella primavera, poi a Tempio, Torres, Savona, ma… questa è la sua storia nel rettangolo tra due porte con reti, aree di rigore, linee laterali, bandierine d’angolo ed erba per terra.
L’altra, quella che accompagna quotidianamente queste piccole luci della ribalta, non è semplice: “Debbo dire che non è stato facile lasciare casa. A 14 anni si pensano tante cose, c’è la nostalgia, ma soprattutto il fatto che non hai ogni minuto l’attenzione e la sicurezza dei tuoi, di tuo padre e tua madre che, oltre che ascoltarti, ti sostengono e ti danno sempre il miglior consiglio.”
Poi però la scorza ed il carattere di Daniele, reggono l’urto e, quasi tutto d’un botto, cavalca la sua strada, illuminando dovunque con le sue magie e la sua tecnica sopraffina. Tutti, dovunque vada, con lo stesso ritornello: “merita altri scenari, in questa categoria (che sia lega-pro o serie D, poco importa) non ci fa niente.”
Daniele lo sa, ma da quel 22 dicembre del 2011 taglia corto: “Adesso il mio unico scopo professionale è quello di aiutare l’Olbia a tornare dove merita, siamo un gruppo meraviglioso, siamo tutti convinti di farcela e lotteremo con tutte le nostre forze per la promozione”.
Per controcanto c’è chi lo critica per il suo “caratteraccio” (all’alba dei suoi 29 anni, lo sa anche lui e, lo dice serenamente, che sta provando con sempre più convinzione a correggersi). Sta cambiando, cambierà, ma rimarrà sempre se stesso perché lui, a dirla tutta, è uomo che forse coniuga al meglio la massima di Oscar Wilde “Se vuoi guastare un carattere, devi solo correggerlo”.
Quando accetti la sfida, il tuo valore si moltiplica. Anche lui quindi ha il suo progetto, per adesso e per dopo. Intanto mette su casa e convivenza con Francesca, il suo amore per adesso e per dopo, poi profetizza: “penso di giocare, sempre nell’Olbia per altri 7 anni, forse per altri 10, se mi regge il fisico.”
Dopo non rimarrà nel mondo del pallone: “No, sono quasi sicuro che lascerò il calcio, non mi vedo in nessun altro ruolo all’infuori del giocatore; soprattutto perché ho intenzione di non traslocare più. Olbia è la mia vita, quella di adesso e quella di dopo, penso di lavorare qui, magari con i miei fratelli. Ancora è presto vedremo più in là, ma di sicuro non voglio più andare via.”
Intanto ragiona anche sulla fascia di capitano che il mister, i compagni e la società gli hanno assegnato dallo scorso campionato: “Sono stato commosso e felice allo stesso tempo, per me non è facile ma sento molto la responsabilità e sto imparando a dosare il mio temperamento.”
Eh sì, la responsabilità è il prezzo della grandezza. Perché ci sono giocatori fortunati, e non sempre dotati, che riescono ad avere successo col calcio, ma la vera grandezza di questo gioco è quando ci sono calciatori dotatissimi che riescono a fare il successo del pallone, in qualsiasi categoria, perché giocano bene e basta.
E Daniele, neppure per un istante, rinunzia alla sua ritrovata saggezza, ai suoi sogni di promozione, al suo piacere di giocare bene, per divertire e divertirsi.
Così quando gli chiediamo il suo più grande sogno nel cassetto non ha dubbi: “Riabbracciare mio padre, per un minuto, solo un altro minuto”
E per evitare di commuoverci o commuoversi, ce lo sussurra con quel suo sorriso in silenzio…
Quel sorriso che non smette mai di essere saggio.
Simprie