Augh, alla fine l’Olbia ha parlato, e lo ha fatto nel suo sito ufficiale con questa specie di comunicato:
“Olbia– Dopo la brutta sconfitta rimediata al Nespoli domenica contro il Lanusei, la squadra al completo ha ripreso gli allenamenti ed ha lavorato molto. La testa è completamente tesa verso domenica 25 ottobre quando, sempre allo stadio Nespoli i Blancos ospiteranno un’altra compagine Sarda, il MURAVERA. Grande concentrazione e dedizione durante l’allenamento odierno, che ha visto una squadra in trincea decisa sul lavoro; un ambiente silenzioso, concreto e determinato voluto da Società e Mister; il giusto ambiente per ritrovare IMMEDIATAMENTE la retta via.”
Che dire? Probabilmente è davvero tutto qui quello che, oggi, la società è in grado di dire e di confermare alle decine di suoi tifosi ed all’ambiente bianco nel suo complesso.
Ma, anche da queste scarne e, probabilmente, inappropriate parole si evince un malessere che non è solo paura del futuro (che esiste ed è tanta) ma un certo assedio del presente che incombe al di là delle illusioni e dei silenzi di circostanza e di necessità. “Ambiente silenzioso”…”per ritrovare IMMEDIATAMENTE la retta via”: l’Olbia ha usato queste locuzioni, insieme ad altre, per esempio Blancos che, a dirla educatamente, suona un tantino stonata ed inopportuna; ma quel che ci interessa è che ha usato l’aggettivazione Silenzio.

Intorno al silenzio sono state costruite e cesellate pagine immortali della letteratura e della cultura popolare. Scrisse Mark Twain:” La parola giusta può essere efficace, ma nessuna parola è tanto efficace quanto un silenzio al momento giusto.” Per i giapponesi : ”L’uomo in silenzio è più bello da ascoltare”, mentre i tedeschi hanno, tra i loro proverbi popolari, questo:” Il silenzio è un recinto intorno alla saggezza”.
Ed allora come mai questo assordante silenzio (rotto da queste 82 parole di un “comunicato” di una banalità sconcertante) sul presente e sul futuro dell’Olbia è più frustrante di ogni sconfitta agonistica? Probabilmente deriva anche dal fatto che, molto spesso, chi tace non solo non dice niente, ma forse non ha più niente da dire.
Come giustificare altrimenti questo comportamento di apatia verso una oggettiva condizione di frana e disfatta sportiva (perdita della retta via?) come quella che l’Olbia attraversa da due mesi a questa parte?
L’afasia, la mancanza di voce o parole può anche essere un dono ed una dote piacevole, quando non si hanno responsabilità pubbliche, nella vita come nel calcio. Ma se a questo atteggiamento aggiungiamo anche il fatto che le mura della società di Via Ungheria e degli spogliatoi non sono certo come l’asettico laboratorio americano, di Orfield Labs a Minneapolis, dove è stata costruita la camera anecoica più silenziosa del mondo, è facile capire come alla frustrazione ed alla delusione si aggiungano la incomprensione e il pessimismo più marcato sulle doti di una dirigenza che, piaccia o no a loro, è chiamata alla prova più impegnativa di questi ultimi 6 anni di gestione.
Mala tempora currunt”, dicevano i latini e, chi più chi meno, questo detto lo conosciamo tutti. Il problema vero è che pochi ricordano quel che viene dopo, visto che i saggi figli di Romolo dicevano anche “sed peiora parantur”, vale a dire ma peggiori (riferito ai tempi) si preparano.
Ecco è proprio questo quel che preoccupa di più.
Preoccupa sapere che un allenatore, non più in sintonia con il gradimento del management e della tifoseria, rimane in panca perché, così si sottintende, dovrebbe essere uno dei maggiori creditori privilegiati di una società in bolletta, oppure che l’unica via d’uscita sembra essere quella di sfoltire una rosa con troppi petali superflui, arrivati più per smania di eccellere che non per necessità tecnica. Preoccupa vedere questo scollamento tra la realtà (quella di Tariko si racconta come distratta o/e dissolta) e le illusioni (l’ipotesi Qatar sembra relegata negli annali del… vuoto a perdere), tra quel che si è in grado di fare e quel che non si può. La nostra grande paura però non è il presente, o quel che ne rimane, ma un futuro fatto, quello si, di silenzio ed oscuramento totale di “…quella selva oscura ché la diritta via era smarrita”.
Lieti, lietissimi di sbagliarci e di essere contraddetti dai fatti che, per ora, restano oscuri ed avvolti in questa inespugnabile ombra cupa.
Per questo auspicio, per questa speranza: Ad majora Olbia, ora e sempre!
Tore Zappadu