Daniele l’esteta del pallone di cuoio, da 28 pollici e 15 once, nonché indiscutibile Alternos del nostro ultra secolare piccolo Biancopianeta, non è più così tanto… Ragatzu.

E noi con lui.
Cresciamo nell’idea di quel che sarà domani; come se oggi ed ieri non ebbe mai ad essere.
Ma, Danielinho è anche altro.
Intanto, un po’ bugiardo.
In uno dei suoi due hashtag si autodefinisce #SempriCumentieSempri.
Ma questa, non è assolutamente la verità.
L’Esteta che, Olbia e la sua gente del Nespoli, hanno l’immenso piacere di ammirare, è un altro Daniele, un nuovo e più credibile profeta del modo di interpretare il suo talento. Come il suo omonimo di professione biblico Profeta, è scampato alla “fossa dei leoni” di un non lontano passato che, tra rotture fisiche e fratture comportamentali, sembrava aver indirizzato il suo immenso potenziale tecnico, verso un declivio più prossimo al baratro che non ad più che tranquillo pianoro della sufficienza professionale. In parte, probabilmente in larga misura, per responsabilità dello stesso Daniele. Va però detto con onestà che non sono state poche le responsabilità delle guide che avrebbero dovuto plasmare questo “incandescente” ed indiscutibile talento naturale. Un domatore è davvero bravo solo, se e quanto riesca a domare cavalli di razza che abbiano necessità di non “correre” solo… a pascolo brado.


No, il Ragatzu di Oggi ha davvero poco a che fare con quello esploso al brodo primordiale della caldera rossoblù, all’alba dei suoi 16anni.

Allegri, tra i primissimi a capirne il valore. ebbe a dire “Non cediamolo, Ragatzu è un fenomeno”.
Ma anche quel giovane mister, allora esordiente in serie A, aveva nel destino il percorso già segnato verso gli orizzonti straordinari, all’epoca solo in parte abbozzati con quel Cagliari comunque importante, ma oggi così distintamente palesati nelle platee di tutto il mondo calcistico.

Il nostro Daniele di allora, era stato assolutamente stratosferico, bruciando tappe e iperboli tipiche dei fortunati, dei predestinati fenomeni del pallone. Aveva poco meno di 17 anni e mezzo, quando esordisce in A contro il Torino ed appena 17 anni, sei mesi e 20 giorni quando segna il suo primo gol a Firenze, segnando dopo due minuti dal suo ingresso e levando, dopo 18 anni, il primato del più giovane realizzatore in maglia rossoblù ad un certo Pietropaolo Virdis.


Da allora tra alti (pochi e sempre più lontani nella memoria) e bassi (tremendamente tanti e troppo facili da ricordare) Daniele si era letteralmente frantumato, tamponando proprio contro il suo talento calcistico.

No, graziaddio, questo Daniele è un tutt’altro Uomo.

Sia dentro che fuori.

Così dice anche la sua grande anima, scolpita nel suo corpo minuto, e forgiata per sempre nella sua pelle: “Nel braccio destro ho tatuate le iniziali di tutti i membri della mia famiglia. Nel collo c’è spazio solo per papà, la mia vita: se non fosse per lui non avrei mai realizzato il mio sogno. E nel braccio sinistro ho un rosario, l’ho fatto per mia sorella. Tre tatuaggi che hanno un significato forte per me“.

Dopo l’ennesimo infortunio (perone) di Rimini, non ha più voluto sentir ragioni.

Aveva già deciso da tempo, parlandone con il suo amico, nonché idolo calcistico Andrea Cossu, di riavvolgere il nastro del talento e di metterlo a disposizione di un gran bel progetto, targato 4Mori4 su tessuto Bianco. E così, avvenne nell’estate del 2016, quel che Noi, per primi, avevamo raccontato nel mese di dicembre del 2015: Ragatzu scese dal calesse delle peregrinazioni di un atleta errante nell’aria, ed afferrò tempo, luogo e spazio nel piccolo mondo antico di una Storia tutta da… riscrivere.

Per Lui e per Noi.

Adesso ha ripreso il suo, ancora flebile ma pur sempre tangibile, palcoscenico naturale.
Da ragazzo talentuoso, lo avevano paragonato a Muzzi, qualcuno aveva osato altre eccessive, ed indicibili, potenziali simiglianze. Adesso è, molto più semplicemente, solo Lui, sempre più splendidamente Lui: Daniele l’esteta, il Quartu di Sole di un cielo tutto Biancopassione che deve ancora esprimere tutto il suo reale ed immenso valore. I suoi gol finalmente, si contano a due cifre, le sue prestazioni sono a getto continuo e non episodiche o a “ticcu a ticcu”, il fisico ed i suoi polmoni rispondono a meraviglia, agli stimoli della sua quotidiana ed indefessa fatica accumulata con allenamenti e applicazione di un vero ed esemplare calciatore professionista.

A 26 anni, tre mesi e 17 giorni
c’è così tanto tempo, luogo e spazio per riaccendere quella fiammella che è il suo sogno di sempre, mai nascosto: la maglia numero 30 di color rosso e blu.

Trenta, magari con lode; ma quella è la meta che verrà, l’Università che declinerà il trionfo.
Per ora Basta e Avanza questo inossidabile numero 10 di Bianco meringa, per dimostrare, a chi avesse ancora dubbi, che l’atleta errante ha trovato casa, amore, serenità e gioia per divertirsi e divertire calciando, come solo pochi eletti riescono, una sfera di cuoio da 28 pollici e 15 once.
Tore Zappadu