ALESSANDRIA-OLBIA 4-1
Alessandria (3-4-1-2): Crisanto; Blondett, Cosenza, Scognamillo; Parodi, Casarini, Suljic, Celia (64’ Rubin); Chiarello (81’ Di Quinzio); Corazza, Arrighini (81’ Poppa). A disp.: Baschiazzorre, Castellano, Di Quinzio, Gazzi, Macchioni, Mora, Poppa, Rubin, Cosma. All. A. Gregucci.
Olbia (3-4-1-2): Tornaghi; Pisano, Emerson, Altare; Arboleda (Demarcus 73’), Pennington (64’ Marigosu), La Rosa, Doratiotto; Lella (46’ Biancu); Cocco, Gagliano (64’ Udoh). A disp. Van der Want, Dalla Bernardina, Udoh, Cadili, Demarcus, Biancu, Pitzalis, Marigosu, Cossu. All. M. Canzi.
Arbitro: Enrico Maggio di Lodi
Reti: 15’ e 68’ Corazza; 47’ Tornaghi (aut.); 58’ Cocco; 66’ Arrighini
Note: corner 7-6; amm.: Emerson e Sljic; rec.:0,+4’.

Un Pianto, in una gara cipolla di quelle che più si snocciolavano di minuto in minuto e peggio si stava. Quattro pappine da manuale che ci restituiscono i fantasmi di un passato prossimo non certo esaltante. Per i primi 20’ non siamo esistiti, giocavamo a rimbalzello ogni volta che ci aggredivamo, lanci lunghi senza costruire una sola azione manovrata.
Il modo come ci hanno trafitto, nel primo gol, con lo scambio da manuale Corazza-Arrighini-Corazza è stato da manuale; quel manuale che i nostri giovani virgulti dovrebbero imparare a memoria, ed in nostri virili vecchietti rileggerlo per non dimenticarsene più.
Nella seconda metà del primo qualche abbiamo provato a reagire, ma di fatto tutte le nostre conclusioni, quelle discrete e quelle sbilenche, sono arrivate solo da piazzati. La difesa ha sempre dato la sensazione di non reggere la pressione delle sortite alessandrine; a centrocampo per tutti i 90’ abbiamo cercato di capire chi fosse il trequartista dell’ultimo passaggio.
E se qualcuno ha pensato di farlo coprire da uno come Lella, cambi idea ed eviti di far fare brutte figure ad uno dei più bravi giovani che abbiamo a disposizione, ma gioca al massimo sulla fascia. In avanti Cocco appare sempre più un centro boa lento e macchinoso che a gioco fermo (per esempio su piazzati) riesce almeno a sfruttare la stazza e l’esperienza. Speriamo che la spizzata di testa sul corner di Emerson gli dia morale ed qualche watt di energia e movimento in più. Il paradosso è che, nonostante la nostra prova incolore, mai l’Alessandria ha dato la sensazione di essere una specie di Dea (Atalanta) del girone. Ci abbiamo pensato noi a renderla tale. 
La curiosità dei tabellini è che spesso non dicono la verità.
Per esempio alcuni il nostro gol lo hanno assegnato a Pennington (comunque l’unico dei nostri oltre la sufficienza), e tutti, compresi noi l’autogol l’abbiamo dovuto addebitare a Tornaghi. Se è vero, com’é vero, che il goffo tentativo del portiere di rimediare alla puttanata del retropassaggio di Biancu, ha corretto in gol la palla che il palo aveva respinto, è altrettanto vero che la puttanata è tutta e resta di Biancu che, da quel momento (comprensibilmente, ma non giustificabile in alcun modo da uno della sua ormai consolidata esperienza di questa categoria) non ci ha capito più niente. 
E che dire dell’uno-due di Arrighini e Corazza che in due minuti hanno liquefatto la nostra retroguardia schierata a 3. Meglio tacere, anche perché, l’unico sentimento da utilizzare per questa prestazione angosciante è quella dell’oblio. 
Abbiamo cominciato male questa stagione, ed a questo siamo abbastanza allenati. Ma forse è meglio riassettare il tutto, magari con una qualche riflessione a tutto tondo ed evitare che quel che fin qui è stato ci serva di lezione. Per non ricascarci con troppa continuità.
Perché così come sta andando, non va, non va, non va per niente bene. 
Alla prossima Ragazzi, purché non sia mai più uguale a questa. 
Ad Majora Sempre,
Simprie.