Quando eravamo tutti olbiesi, ebbi l’occasione di conoscere un grande Uomo: Elio Pintus.
ELIOPINTUSMio padre Mario faceva il giornalista, io seguivo le sue orme. Casa nostra era una redazione sui generis, perché Papà, era il corrispondente di non pochi giornali (Gazzetta dello Sport, Stadio tra questi) e della Rai Sardegna (quando questa si interessava e non poco anche delle vicende del capoluogo del NordEst).
Sin dagli inizi della mia vita professionale e ludica (perché con lo sport, e l’Olbia in particolare, la mia esperienza è sempre stata di pura passione e divertimento) ebbi la fortuna di conoscere IL PRESIDENTE.
Il Signor Elio come lo chiamavo e come l’ho sempre chiamato, anche se lui si scherniva, invece volle conoscermi direttamente, appena ebbi modo di conquistare la mia prima tessera dell’ordine dei giornalisti (pubblicista).

Sapeva come molti olbiesi all’epoca che, nonostante da sempre apparissero con la firma di mio padre, i pezzi sull’Olbia erano invece farina del mio sacco. Non me lo disse chiaramente, ma mi raccontò che era stato colpito da quello che lui chiamava lo “spirito giovanile” degli articoli firmati da mio padre. E, per questo, volle parlare da solo con me al Nespoli proprio di quello “spirito”, anche se mio padre, nel frattempo stava facendo, con il suo nagra, la prima intervista al nuovo mister Lino De Petrillo.
Tra Noi, fu subito feeling, perché il PRESIDENTE, possedeva alcune stupende doti umane, una delle quali era quella di piacere subito, al primo impatto. Io ero impacciato, ma lui mi tolse subito dalla soggezione dicendomi: “come vede l’ho accontentata, ho cambiato l’allenatore, anche se mi dispiace un po’ perché a Zio Palleddu debbo tutto”.
Pintus diventò Presidente in un momento critico e, all’epoca, scandaloso, quello della retrocessione per illecito sportivo (nel 1963 l’idea era stata quella di promettere un premio partita alla Narnese perché vincesse l’ultima partita contro la Nuova Cisterna con cui noi ci giocavamo la permanenza di serie D).
Elio Pintus al suo primo anno gettò le basi di quel miracoloso settennato che, proprio con l’apporto di Zio Palleddu Degortes, l’ex massaggiatore che lui (su consiglio di un ex allenatore Collesi) aveva promosso ai ranghi di Mister della prima squadra, conquistando la promozione in Serie D, al primo anno e la serie C dopo altri tre. Io uscivo allo scoperto (nel senso che grazie all’Informatore del Lunedì firmavo i pezzi direttamente in prima persona) e proprio alla fine di quelle 7 gloriose stagioni; avevo osato criticare Zio Palleddu perché secondo me non vedeva nella maniera corretta i talenti del calcio locale (quasi tutti miei amici e coetanei), di quella De Martino che io seguivo spasmodicamente ancora più della prima squadra.
Pintus iniziò così la sua prima grande rivoluzione, non confermando l’allenatore cui doveva tantissimo e a cui era legatissimo chiamando a dirigere l’Olbia quel De Petrillo che, nei tre anni successivi, fece giocare una trentina di ragazzi tutti olbiesi per riscrivere… una nuova storia.
Grossomodo 11 anni dopo Pintus lasciò la guida della SUA Olbia ad un altro immenso ed eccezionale Patron, Mauro Putzu.
Proprio Mauro, in occasione dei 100 anni mi confidò: “Confesso che mi ha sempre fatto uno strano effetto rilevare la guida dell’Olbia. Quando assieme ad alcuni amici decidemmo il nostro ingresso in società, fu in qualche modo imbarazzante trattare con il MIO PRESIDENTE.
Anche per questo, Mauro fedale ha degnamente onorato la figura di Elio, al punto di evitare sistematicamente, in 25 anni di gestione, di ricoprire in prima persona la carica di Presidente che ha lasciato, in tutte quelle altre grandissime stagioni, a quei suoi “alcuni amici” con cui da Elio Pintus aveva rilevato l’Olbia.
Quando eravamo tutti olbiesi…
Elio Pintus rappresentò il passaggio tra la Preistoria e la Storia dell’Olbia, perché fu il grande Presidente che amava la sua creatura che, spesso mise avanti persino ai suoi interessi personali.
Elio ha amato la Vita e la sua figura era gioiosa e sorridente come chi si affida ad essa lasciandosi guidare verso il bello e la felicità. Negli ultimi anni questa visione era stata via via offuscata dalle ambasce naturali e dai malesseri che, sempre, presentano il conto, anche ai più meritevoli.
Ho rivisto per l’ultima volta il Signor Elio, qualche tempo prima della ricorrenza dei Kentannos, seduto in un bar di viale Aldo Moro; pensavo non mi avesse riconosciuto, invece quando mi sedetti mi disse: “Signor Zappadu, come sta suo padre?”.
Io gli parlai dell’idea di festeggiare i 100 anni della sua Amata con un libro e che avrei voluto discuterne con lui. Non mi rassicurò su questa eventualità, ma mi disse: “Guardi, se le fa piacere, in una cantina conservo tanti cimeli del mio periodo, magari potreste usarli per farne una casa museo… io forse appartengo a questo.
Per sopravvivere con il lavoro e con la pensione, nella mia oramai non breve esistenza, ho sempre dovuto lasciare Olbia e personalmente non sono mai riuscito ad onorare quella proposta del MIO PRESIDENTE.
Scusami Signor Elio, forse però non toccherà a me esaudire questo tuo ultimo sogno, perché probabilmente anche io appartengo a quel Museo.
Ti sia Gaudente e Felice l’ultimo viaggio,
Un abbraccio Tore.